Chiusa di Casalecchio

Area naturale, Casalecchio di Reno

Chiusa di Casalecchio


La Chiusa di Casalecchio nasce nel 1300 per regolare il flusso del fiume Reno e incanalarne le acque verso il centro di Bologna. Tale struttura rappresenta un unicum in Europa, in quanto è l’opera idraulica ancora funzionante più antica di tutto il continente.

Grazie a tale primato e alla sua complessità tecnica, la chiusa è stata riconosciuta dall’UNESCO come “patrimonio messaggero di una cultura di pace a favore dei giovani”: essendo l’acqua una fonte di vita, come recita una targa del 26 marzo 2011 “la sua conservazione e condivisione con i vicini sono sorgente di pace".

Oggi la chiusa è inserita nel contesto urbano di Casalecchio di Reno, con cui ha sempre avuto un rapporto molto stretto. Nei pressi della diga, ad esempio, negli anni '60 si trovava il Lido di Casalecchio, uno dei luoghi di villeggiatura più frequentati dai bolognesi. Il lido offriva la possibilità di soggiornare in albergo, di svagarsi al ristorante o sulle piste da ballo, oltre che rinfrescarsi dalla calura estiva.

La Chiusa di Casalecchio e i canali di Bologna

L’acqua che tutt’oggi scorre nei canali sotterranei di Bologna proviene in buona parte proprio dalla Chiusa di Casalecchio, che venne costruita allo scopo di deviare il corso del Reno verso il centro della città.

Il punto in cui il Reno entra in città è riconoscibile per via di una grata visibile ancora oggi da via della Grada, che serviva in origine per controllare il flusso delle acque e di merci. Tale compito era essenziale per evitare che, specie durante la notte, entrassero in città prodotti non tassati e di conseguenza prevenire la concorrenza sleale sul mercato bolognese.

Prima dell’esistenza della Chiusa di Casalecchio, Bologna soffriva della mancanza di un grande fiume che la attraversasse e che le garantisse il necessario sviluppo commerciale. Il passaggio delle acque nel centro della città aveva inoltre uno scopo difensivo.

Nel corso del tempo la rete di canali venne poco a poco ampliata, fino ad arrivare a un vero e proprio reticolo di vie d’acqua e alla nascita di un porto navale urbano nei pressi dell’attuale Parco del Cavaticcio.

L’acqua era essenziale per far muovere le ruote dei mulini, oggi completamente scomparsi, che servivano per macinare i cereali e lavorare la seta. Alcune tracce della loro presenza restano però nei nomi delle strade bolognesi (l’esempio più lampante è via Delle Moline), così come all’interno nel Museo della Civiltà Industriale, che conserva gli antichi resti dei mulini urbani.