Ex Ghetto Ebraico di Bologna

Zona di interesse storico, Bologna

Ex Ghetto Ebraico di Bologna


L’ex Ghetto Ebraico di Bologna è oggi uno dei luoghi più affascinanti della città medievale. Situata a pochi passi dalle Due Torri, un tempo questa zona era separata dal resto della città attraverso grandi porte che al tramonto venivano chiuse per poi riaprirsi soltanto al mattino, per consentire così agli ebrei bolognesi di svolgere il proprio mestiere al di fuori del ghetto. 

Una delle porte dell’antico ghetto è visibile ancora oggi all’incrocio tra via del Carro e via Zamboni. Qui, il grande arco ornato dal Mascherone di Palazzo Malvasia conduce nell’intrico di strade in cui un tempo viveva la comunità ebraica della città. Ciò che colpisce subito entrando nel ghetto sono proprio i suoi vicoli stretti e tortuosi: ciò è dovuto alla scarsità di spazio del ghetto, che costrinse i suoi abitanti a sfruttare il più possibile la superficie abitativa a disposizione.

Il cuore del ghetto si trovava nell’attuale via dell'Inferno, che fino al 1943 ospitava al civico 16 la sinagoga di Bologna, distrutta dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.

La comunità ebraica bolognese

La storia del ghetto di Bologna affonda le radici nel XVI secolo. Il 1555 fu un anno fondamentale per la storia delle comunità ebraiche in Italia e in Europa, perché proprio allora il Papa emise la bolla Cum nimis absurdum. Tale documento sanciva la fine di un lungo periodo di integrazione in cui cattolici ed ebrei vivevano fianco a fianco; spesso questi ultimi rivestivano inoltre un ruolo importante nell’economia locale, dato che molti di loro lavoravano nelle città come mercanti o bancari.

Con la bolla del 1566 il Papa costringeva gli ebrei ad indossare un simbolo che li rendesse ben riconoscibili agli occhi di tutti, a vivere all’interno di un’area specifica delle città, il “serraglio degli ebrei” o ghetto, e a partecipare ad almeno una messa al mese nel vano tentativo di convertirli alla religione cattolica.

Bologna era entrata nello Stato Pontificio nel 1506 sotto Giulio II, e perciò non poté sottrarsi all’applicazione delle regole papali appena viste. Nacque così il ghetto, che però non ebbe vita lunga: soltanto alcuni decenni più tardi, nel 1593, la comunità ebraica bolognese fu costretta ad evacuare la città per ordine del governo papale e a rifugiarsi in altre aree della regione, come i domini estensi di Modena e Ferrara, che si erano sempre dimostrati più tolleranti nei loro confronti, o nel Nord Europa.

Fu solo tra il Settecento e l’Ottocento che gli ebrei cominciarono a tornare a Bologna. Dopo l’Unità d’Italia si stabilì che gli ebrei dovessero essere considerati al pari di qualsiasi altro cittadino, a prescindere dall’appartenenza religiosa; ma con l’avvento della Seconda Guerra Mondiale iniziarono le deportazioni, e 85 ebrei bolognesi tra cui il rabbino all’epoca in carica furono catturati e non fecero mai più ritorno in città.

Cosa vedere nell’ex Ghetto Ebraico di Bologna

Oggi il Ghetto di Bologna ospita il Museo Ebraico della città in via Valdonica, nato per commemorare la comunità ebraica locale di cui raccoglie numerose testimonianze. Accolto all'interno del cinquecentesco Palazzo Pannolini, il museo è diviso in tre sezioni dedicate alla storia della comunità locale, all’identità ebraica e alla didattica.

La nuova sinagoga della città è stata invece trasferita in via de’ Gombruti, in un edificio costruito a partire dalla fine del Settecento. Nonostante i danni subiti durante la Seconda Guerra Mondiale, la nuova sinagoga rimane ancora oggi il punto di riferimento più importante per la comunità ebraica bolognese. Una lapide posta sul retro dell’edificio ricorda i nomi degli ebrei deportati durante la guerra.





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